Ho incontrato una persona...
Mentre passeggiavo per una strada affollata della città, incontrai un uomo con un guinzaglio, probabilmente di un grosso cane.
Stava buttando un enorme sacco in un cassonetto della spazzatura di un vicoletto piuttosto malsano.
Aveva un’ espressione decisamente spaventata che cercava di nascondere.
Aveva inoltre gli occhi lucidi, segnale che aveva precedentemente pianto.
Era vestito con dei semplici Jeans ed, essendo a fine novembre, un giaccone nero.
Sembrava che avesse in mano anche una sorta di camice che pareva, in alcuni punti, sporco di sangue.
Cercava di non fare caso ad altri.
Era molto strano, mi incuriosii, ma pensai fosse solo un uomo che era venuto a buttare la spazzatura, tra cui un camice sporco di vino.
Ma più ci pensavo, più mi convincevo che c’era qualcosa sotto. “le macchie rosse, il camice, il guinzaglio e il volto spaventato: troppe coincidenze”. Decisi di avvicinarmi di nascosto, ma, sfortunatamente, non fui abbastanza silenzioso da non farmi notare.
Il mio sguardo si incrociò col suo.
A quel punto l’uomo chiuse il bidone ed in un lampo scappò.
Cercai di inseguirlo, ma era troppo veloce ed io troppo lento per raggiungerlo.
Non essendo riuscito a prenderlo od a capire chi fosse ritornai al bidone per avere risposte.
Mi aspettavo addirittura una persona morta, come nelle moltitudini di serie e libri gialli che leggevo.
A questa idea mi sentii spaventato. Decisi di aprire comunque il cassonetto e, dopo un attimo di esitazione causata in parte dal nauseante odore dei rifiuti, aprì il sacco. Grande stupore: era un cane, un Rottweiler per la precisione. In quel momento provai una quantità incredibile di sentimenti ed emozioni come non mi era mai successo. In un unico momento provai paura, stupore del fatto che avevo trovato un cane morto, gioia di essere un po’ come i miei grandi idoli investigatori, tristezza perché quel cane forse apparteneva ad una famiglia che gli voleva molto bene ed, infine, rabbia per aver visto un uomo buttare così miseramente un cane nella spazzatura probabilmente essendo il suo padrone. Ci vollero un paio di minuti a riprendermi ed a capire cosa fare.
Ero tentato moltissimo a capire cos’era successo quanto spaventato ed intento a lasciar stare. Alla fine, pensando ai grandi investigatori dei romanzi che leggevo, decisi di attuare una sorta di mia indagine. Facendo riferimento a ciò che avevo appreso nei libri gialli, iniziai con l’analisi del luogo del ritrovamento e degli elementi più compromettenti.
Mi accorsi, però, che faceva troppo freddo e che avrei suscitato l’attenzione di qualcuno, sebbene ci fossero solo due barboni, se fossi rimasto in quel vicoletto. Presi tutto quello, compreso il cane, che poteva essere utile alla risoluzione di quello che chiamavo “caso”, nonostante non lo potesse sembrare. Poteva trattarsi, infatti, semplicemente di un uomo che aveva gettato il suo cane, recentemente deceduto e non legalmente registrato all’anagrafe canina, in un bidone, ma la mia voglia di scoprire qualcosa era più grande. Arrivato al cancelletto di casa, facendo attenzione a non farmi notare, mi diressi verso il capannone in giardino dove vi erano vari tagliaerba ed altri utensili.
Pensai che, essendo inverno, gli attrezzi da giardinaggio non potessero e servire e dunque che nessuno sarebbe entrato nello scantinato. Lasciai tutto lì e tornai il giorno seguente, sabato. Continuai la mia indagine con l’analisi dei vari oggetti e del cane, in cerca di indizi.
Per prima cosa notai che il collo del cane era pieno di puntini verdognoli, forse la causa della morte, dato che oltre a questo non vi erano altri segni strani oltre a del sangue in bocca. Successivamente passai ad osservare il camice sporco dove vi era una targhetta con scritto “Antonio Barberi, studio veterinario L’amico degli animali”.
<<Un indizio!>> esclamai. Proseguii passando al collare dove vi era incisa una via. Pensai e mi ricordai che quella via era vicina. Tutti la conoscevano in paese perché vi abitavano una coppia di ricchi americani, i Brown, che attualmente erano in vacanza sulle Alpi. Le cose iniziavano ad incrociarsi, i Brown, infatti avevano un Rottweiler che portavano spesso proprio allo studio veterinario ‘L’amico degli animali’, vicino al luogo del ritrovamento.
Domanda: perché dei ricchi signori hanno buttato il proprio cane in un banale bidone della spazzatura? Mi recai, allora, velocemente allo studio per aver chiarimenti dal signor Barberi. Arrivato nell’edificio, per non farmi notare e non farmelo scappare un’altra volta, entrai dalla finestra del suo studio. Mi nascosi dietro ad in piccolo armadio ed iniziai a cercare degli indizi. Cercai in mezzo ad una pila di tantissime scartoffie fino a quando non trovai un fascicolo che descriveva esattamente il cane morto. Vi era la descrizione fisica, i padroni ed il motivo per cui era lì.
Come pensavo, l’animale era stato lasciato lì in custodia per il periodo di ferie dei Brown. Fin qui era tutto normale. Dietro al fascicolo, però, notai che vi era un’altra parte intitolata “Esami”. Lo lessi attentamente e, non solo scoprii che il cane era malato di una strana malattia incurabile detta “FPI5” che colpiva i cani, ma capii anche cos’era successo. Mentre ci pensavo entrò il veterinario accusato facendomi spaventare a tal punto che per poco non urlai. Non riconoscendomi mi chiese chi fossi. Volevo andarmene, ma avevo una gran voglia che pagasse le sue conseguenze.
Quindi, senza neanche rispondergli, iniziai ad accusarlo dicendogli: << Lei, per quello che ha fatto, non si merita d’esser un veterinario.>>.
<<E di cosa sono accusato, mi chiedo!>> rispose Barberi.
<<lei è accusato di sperimentare nuovi farmaci sugli animali che ha qui in custodia. Una prova è il Rottweiler dei Brown che l’altro giorno ha buttato in un cassonetto!>>.
<< Che cosa stai dicendo ragazzo! Non è affatto vero! Io non conosco nemmeno i Brown!>> mi interruppe balbettando il veterinario.
Proseguii: <<Non menta dottore! L'ho vista io stesso gettare il cane nel cassonetto di quel malsano vicolo. Il ragazzo che ha visto ero io.>>
<<Non è vero! E anche se fosse non hai alcuna prova che io avveleni gli animali!>>. Continuò a ribattere.
<<Invece sì! Quel giorno, non essendo riuscito a raggiungerla, decisi di guadare cosa aveva buttato, ossia un Rottweiler. Lo presi, insieme al guinzaglio ed al camice insanguinato, e lo portai a casa mia dove lo ho analizzato ed ho trovato una targhetta col suo nome.>>
<<Vattene!>> mi interruppe.
<<Prima mi faccia finire! Stavo dicendo… ho deciso, dunque, di recarmi qui per cercare qualcos’altro ed ho trovato questo fascicolo grazie al quale ho capito cos’ha fatto. Adesso le racconto la mia ipotesi. I Brown, qualche settimana fa, dato che dovevano andare in vacanza, le hanno affidato il loro cane, un Rottweiler, Murfy. Tuttavia, cosa che lei sapeva, l’animale era malato di “FPI5”, una rara malattia poco conosciuta. Non essendoci delle cure ha deciso, come descrive questo semplice pezzo di carta, di esperimentare un nuovo farmaco che poi, se fosse funzionato avrebbe venduto e quindi si sarebbe intascato un po’ di soldi. Ciò non è avvenuto, anzi il farmaco, come dimostrano le macchie sul collo del cane, ha provocato una reazione collaterale all’animale che è poi deceduto. Ha dunque poi buttato il cadavere nel cassonetto per insabbiare tutto. Probabilmente si sarebbe poi inventato una scusa valida, come il fatto che era scappato, o lo avrebbe rimpiazzato con un altro cane identico. Se è vero, guardi nella sua coscienza e si prenda carico delle conseguenze delle sue azioni.>>
Tacque per qualche secondo, giusto il tempo di riflettere, poi mi rispose in modo più calmo:<< Lo ammetto, è tutto vero, tranne una parte. Io non volevo sperimentare il nuovo farmaco per intascare i soldi della scoperta, ma per provare a salvare l’animale. La malattia era, infatti, allo stadio finale. Il cane sarebbe morto comunque fra qualche settimana. Puoi pensare quello che vuoi dopo quello che ho fatto, ma io voglio bene agli animali. Ora puoi anche andartene e denunciarmi.>>
<<Non si preoccupi, adesso me ne vado perché so che farà la cosa più giusta. Si vede che è pentito e lo dimostra il fatto che ha tenuto il fascicolo sul cane invece che buttarlo.>>.
Detto questo ritornai a casa contento di aver risolto un vero e proprio caso. Inoltre, il giorno dopo scoprii che il veterinario si era costituito alla polizia confessando tutto. Ero ancor più felice e qualcosa mi disse che non sarebbe stata la prima e l’ultima volta che risolvo un indagine.
Agatha Christie sarebbe stata orgogliosa di me!
Aveva un’ espressione decisamente spaventata che cercava di nascondere.
Aveva inoltre gli occhi lucidi, segnale che aveva precedentemente pianto.
Era vestito con dei semplici Jeans ed, essendo a fine novembre, un giaccone nero.
Sembrava che avesse in mano anche una sorta di camice che pareva, in alcuni punti, sporco di sangue.
Cercava di non fare caso ad altri.
Era molto strano, mi incuriosii, ma pensai fosse solo un uomo che era venuto a buttare la spazzatura, tra cui un camice sporco di vino.
Ma più ci pensavo, più mi convincevo che c’era qualcosa sotto. “le macchie rosse, il camice, il guinzaglio e il volto spaventato: troppe coincidenze”. Decisi di avvicinarmi di nascosto, ma, sfortunatamente, non fui abbastanza silenzioso da non farmi notare.
Il mio sguardo si incrociò col suo.
A quel punto l’uomo chiuse il bidone ed in un lampo scappò.
Cercai di inseguirlo, ma era troppo veloce ed io troppo lento per raggiungerlo.
Non essendo riuscito a prenderlo od a capire chi fosse ritornai al bidone per avere risposte.
Mi aspettavo addirittura una persona morta, come nelle moltitudini di serie e libri gialli che leggevo.
A questa idea mi sentii spaventato. Decisi di aprire comunque il cassonetto e, dopo un attimo di esitazione causata in parte dal nauseante odore dei rifiuti, aprì il sacco. Grande stupore: era un cane, un Rottweiler per la precisione. In quel momento provai una quantità incredibile di sentimenti ed emozioni come non mi era mai successo. In un unico momento provai paura, stupore del fatto che avevo trovato un cane morto, gioia di essere un po’ come i miei grandi idoli investigatori, tristezza perché quel cane forse apparteneva ad una famiglia che gli voleva molto bene ed, infine, rabbia per aver visto un uomo buttare così miseramente un cane nella spazzatura probabilmente essendo il suo padrone. Ci vollero un paio di minuti a riprendermi ed a capire cosa fare.
Ero tentato moltissimo a capire cos’era successo quanto spaventato ed intento a lasciar stare. Alla fine, pensando ai grandi investigatori dei romanzi che leggevo, decisi di attuare una sorta di mia indagine. Facendo riferimento a ciò che avevo appreso nei libri gialli, iniziai con l’analisi del luogo del ritrovamento e degli elementi più compromettenti.
Mi accorsi, però, che faceva troppo freddo e che avrei suscitato l’attenzione di qualcuno, sebbene ci fossero solo due barboni, se fossi rimasto in quel vicoletto. Presi tutto quello, compreso il cane, che poteva essere utile alla risoluzione di quello che chiamavo “caso”, nonostante non lo potesse sembrare. Poteva trattarsi, infatti, semplicemente di un uomo che aveva gettato il suo cane, recentemente deceduto e non legalmente registrato all’anagrafe canina, in un bidone, ma la mia voglia di scoprire qualcosa era più grande. Arrivato al cancelletto di casa, facendo attenzione a non farmi notare, mi diressi verso il capannone in giardino dove vi erano vari tagliaerba ed altri utensili.
Pensai che, essendo inverno, gli attrezzi da giardinaggio non potessero e servire e dunque che nessuno sarebbe entrato nello scantinato. Lasciai tutto lì e tornai il giorno seguente, sabato. Continuai la mia indagine con l’analisi dei vari oggetti e del cane, in cerca di indizi.
Per prima cosa notai che il collo del cane era pieno di puntini verdognoli, forse la causa della morte, dato che oltre a questo non vi erano altri segni strani oltre a del sangue in bocca. Successivamente passai ad osservare il camice sporco dove vi era una targhetta con scritto “Antonio Barberi, studio veterinario L’amico degli animali”.
<<Un indizio!>> esclamai. Proseguii passando al collare dove vi era incisa una via. Pensai e mi ricordai che quella via era vicina. Tutti la conoscevano in paese perché vi abitavano una coppia di ricchi americani, i Brown, che attualmente erano in vacanza sulle Alpi. Le cose iniziavano ad incrociarsi, i Brown, infatti avevano un Rottweiler che portavano spesso proprio allo studio veterinario ‘L’amico degli animali’, vicino al luogo del ritrovamento.
Domanda: perché dei ricchi signori hanno buttato il proprio cane in un banale bidone della spazzatura? Mi recai, allora, velocemente allo studio per aver chiarimenti dal signor Barberi. Arrivato nell’edificio, per non farmi notare e non farmelo scappare un’altra volta, entrai dalla finestra del suo studio. Mi nascosi dietro ad in piccolo armadio ed iniziai a cercare degli indizi. Cercai in mezzo ad una pila di tantissime scartoffie fino a quando non trovai un fascicolo che descriveva esattamente il cane morto. Vi era la descrizione fisica, i padroni ed il motivo per cui era lì.
Come pensavo, l’animale era stato lasciato lì in custodia per il periodo di ferie dei Brown. Fin qui era tutto normale. Dietro al fascicolo, però, notai che vi era un’altra parte intitolata “Esami”. Lo lessi attentamente e, non solo scoprii che il cane era malato di una strana malattia incurabile detta “FPI5” che colpiva i cani, ma capii anche cos’era successo. Mentre ci pensavo entrò il veterinario accusato facendomi spaventare a tal punto che per poco non urlai. Non riconoscendomi mi chiese chi fossi. Volevo andarmene, ma avevo una gran voglia che pagasse le sue conseguenze.
Quindi, senza neanche rispondergli, iniziai ad accusarlo dicendogli: << Lei, per quello che ha fatto, non si merita d’esser un veterinario.>>.
<<E di cosa sono accusato, mi chiedo!>> rispose Barberi.
<<lei è accusato di sperimentare nuovi farmaci sugli animali che ha qui in custodia. Una prova è il Rottweiler dei Brown che l’altro giorno ha buttato in un cassonetto!>>.
<< Che cosa stai dicendo ragazzo! Non è affatto vero! Io non conosco nemmeno i Brown!>> mi interruppe balbettando il veterinario.
Proseguii: <<Non menta dottore! L'ho vista io stesso gettare il cane nel cassonetto di quel malsano vicolo. Il ragazzo che ha visto ero io.>>
<<Non è vero! E anche se fosse non hai alcuna prova che io avveleni gli animali!>>. Continuò a ribattere.
<<Invece sì! Quel giorno, non essendo riuscito a raggiungerla, decisi di guadare cosa aveva buttato, ossia un Rottweiler. Lo presi, insieme al guinzaglio ed al camice insanguinato, e lo portai a casa mia dove lo ho analizzato ed ho trovato una targhetta col suo nome.>>
<<Vattene!>> mi interruppe.
<<Prima mi faccia finire! Stavo dicendo… ho deciso, dunque, di recarmi qui per cercare qualcos’altro ed ho trovato questo fascicolo grazie al quale ho capito cos’ha fatto. Adesso le racconto la mia ipotesi. I Brown, qualche settimana fa, dato che dovevano andare in vacanza, le hanno affidato il loro cane, un Rottweiler, Murfy. Tuttavia, cosa che lei sapeva, l’animale era malato di “FPI5”, una rara malattia poco conosciuta. Non essendoci delle cure ha deciso, come descrive questo semplice pezzo di carta, di esperimentare un nuovo farmaco che poi, se fosse funzionato avrebbe venduto e quindi si sarebbe intascato un po’ di soldi. Ciò non è avvenuto, anzi il farmaco, come dimostrano le macchie sul collo del cane, ha provocato una reazione collaterale all’animale che è poi deceduto. Ha dunque poi buttato il cadavere nel cassonetto per insabbiare tutto. Probabilmente si sarebbe poi inventato una scusa valida, come il fatto che era scappato, o lo avrebbe rimpiazzato con un altro cane identico. Se è vero, guardi nella sua coscienza e si prenda carico delle conseguenze delle sue azioni.>>
Tacque per qualche secondo, giusto il tempo di riflettere, poi mi rispose in modo più calmo:<< Lo ammetto, è tutto vero, tranne una parte. Io non volevo sperimentare il nuovo farmaco per intascare i soldi della scoperta, ma per provare a salvare l’animale. La malattia era, infatti, allo stadio finale. Il cane sarebbe morto comunque fra qualche settimana. Puoi pensare quello che vuoi dopo quello che ho fatto, ma io voglio bene agli animali. Ora puoi anche andartene e denunciarmi.>>
<<Non si preoccupi, adesso me ne vado perché so che farà la cosa più giusta. Si vede che è pentito e lo dimostra il fatto che ha tenuto il fascicolo sul cane invece che buttarlo.>>.
Detto questo ritornai a casa contento di aver risolto un vero e proprio caso. Inoltre, il giorno dopo scoprii che il veterinario si era costituito alla polizia confessando tutto. Ero ancor più felice e qualcosa mi disse che non sarebbe stata la prima e l’ultima volta che risolvo un indagine.
Agatha Christie sarebbe stata orgogliosa di me!
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