Uomo ed orso: difficile convivenza?
Prendendo spunto dal video "La terra vista dal cielo", un approfondimento sulla difficile convivenza tra l'uomo e l'orso recentemente reintrodotto nel nostro territorio.
I filmati visti della trasmissione “La terra vista dal cielo” trattavano alcuni problemi relativi alle condizioni in cui si trovano oggi diverse specie di animali a rischio di estinzione o la cui presenza è minacciata dall'uomo, quali la tigre, i pinguini ed i leoni marini delle coste del Sud Africa, gli elefanti africani, gli oranghi delle foreste, il rinoceronte bianco e l'orso bruno alpino.
Tra questi l'animale che mi ha interessato di più è stato proprio quest'ultimo per il fatto che è, tra tutti, quello maggiormente vicino a noi, in quanto abitata della fascia Prealpina. Penso, infatti, che sia molto importante che le persone conoscano di più quest'animale di cui spesso si sente parlare, anche, purtroppo, male.
Iniziamo definendone alcune caratteristiche
L'orso bruno od Ursus arctos è un mammifero appartenente alla famiglia Ursidae. Nel mondo ne esistono circa 200000 esemplari, soprattutto in Russia, Alaska e Canada, ma anche all'interno dell'UE. Alcune caratteristiche dell’orso bruno europeo sono il mantello di colore bruno rossastro, la presenza sul petto di un collare o una macchia chiara, a forma di “V” ed il muso allungato.
In Europa, essi si concentrano di più nella zona Nord-Est del continente, in particolare in Scandinavia. Diversa è la situazione nel sud-centro dell'Europa, dove ve ne sono pochissimi esemplari, tanto che WWF Italia ha lanciato un appello per aiutare i pochi esemplari rimasti. In Inghilterra si sono addirittura estinti. Sempre secondo la stessa associazione, su tutto l'arco alpino vi sarebbero, tutt'oggi, circa 45 orsi bruni, mentre sugli appennini circa appena 50 individui. Nonostante sembrino pochi rispetto ad un area che comprende circa 340000 Km², è giusto notare come, complessivamente, la situazione stia man mano migliorando. È, infatti, la prima volta, dopo tre secoli, che la popolazione degli orsi sulle Alpi inizia ad aumentare. La popolazione degli orsi iniziò a regredire progressivamente dal XVIII secolo fino ad arrivare al minimo storico negli anni '90 del XIX secolo con solamente 3/4 esemplari.
Le principali cause di questa diminuzione sono riconducibili, ancora una volta, all'uomo che lo cacciava per rivenderne la pelle o per proteggere il proprio bestiame e che, pian piano, distruggeva e, di fatto, limitava il suo habitat attraverso opere di deforestazione dovute all'aumento dei terreni per il pascolo. Secondo alcuni dati, solo in Valtellina, una regione alpina corrispondente al bacino idrico del fiume Adda a monte del lago di Como, dal 1873 al 1879 sono stati uccisi 49 orsi. Un dato impressionante se si ripensa che sono più di quanti ce ne siano ora sull'intero arco alpino (45). Sempre negli anni '90 si è notato come gli ultimi esemplari non facessero più figli, cosa che ha fatto allarmare gli ambientalisti. Per questo motivo il Parco Naturale Adamello Brenta, in stretta collaborazione con la Provincia Autonoma di Trento e l'Istituto Nazionale per la Fauna Selvatica, ha dato inizio al progetto “Life Ursus” che consisteva nel ripopolamento, grazie anche ai fondi dell'Ue (€ 100000), ed alla salvaguardia degli orsi bruni alpini. Il 26 maggio 1999 arriva dalla Slovenia, quindi, il primo orso bruno. Da lì fino al 2004 sono stati importati altri 9 esemplari sempre dalla Slovenia che, pian piano, si sono riprodotti fino ad arrivare ai circa 45 di oggi.
Un progetto che si può dire che abbia avuto risultati molto positivi, come si vede anche dall'immagine, e che ci fa capire come è possibile, in modo molto semplice e non con troppi finanziamenti, salvare la meravigliosa fauna e flora che ci circonda garantendo una pacifica convivenza tra essi e l'uomo. Ciò è stato possibile grazie all'introduzione degli orsi all'interno di parchi nazionali e regionali come il Parco Naturale Adamello Brenta e il Parco Nazionale d’Abruzzo Lazio e Molise e all'introduzione di norme e regolamenti regionali. Tra queste si cita la Direttiva “Habitat”. Scopo della Direttiva Habitat (92/43/CE), attuata in Italia con il DPR 8 settembre 1997 n. 357 - modificato ed integrato dal DPR 12 marzo 2003 n. 120 -, è la salvaguardia della biodiversità mediante la conservazione degli habitat e della flora e della fauna selvatica in Europa. L’orso bruno è inserita nell’allegato II della Direttiva “Habitat” e in allegato B del DPR 357/97, che elenca le specie di interesse comunitario la cui conservazione richiede la designazione di Zone Speciali di Conservazione, e nell’allegato IV della Direttiva “Habitat” e allegato D del DPR 357, che elenca le specie che richiedono una protezione rigorosa. Le disposizioni di tali strumenti prevedono una proibizione delle attività di cattura, uccisione, disturbo - in particolare durante tutte le fasi del ciclo riproduttivo -, detenzione, trasporto e commercio di esemplari di orso bruno, nonché di deteriorare o disturbare i siti di riproduzione (Art. 8). Deroghe ai divieti di cattura o abbattimento possono essere concesse dal MATTM, sulla base di un parere tecnico dell’ISPRA, per prevenire gravi danni, nell’interesse della sanità pubblica, o per finalità di ricerca e reintroduzione, a condizione che non esistano soluzioni alternative e che l’applicazione della deroga non pregiudichi il mantenimento della popolazione in uno stato di conservazione soddisfacente (Art. 11). tale deroga tiene in considerazione il fatto che vi possano essere ferimenti da parte di questi animali ad uomini o bestiame od altri incidenti. Il DPR 357 impone, inoltre, alle regioni e le province autonome a garantire la salvaguardia ed il monitoraggio dello stato di conservazione dell’orso bruno sulla base di linee guida definite dal MATTM (Art. 7). L’Art. 8 prevede l’instaurazione di un sistema di monitoraggio delle catture o uccisioni accidentali dell’orso bruno (comma 4), e la definizione delle misure necessarie per assicurare che queste non abbiano un significativo impatto negativo sulla sua conservazione (comma 5). l’Art. 3 stabilisce che vengano designate Zone Speciali di Conservazione per il mantenimento ed il recupero dell’habitat dell’orso bruno da integrare nella Rete Ecologica Europea Natura 2000, e che vengano definite le direttive per la gestione delle Aree di Collegamento Ecologico Funzionale. aree che, per la loro struttura lineare e continua o il loro ruolo di collegamento (come le aree forestali), sono essenziali per la distribuzione geografica e lo scambio genetico di specie selvatiche. Direttiva “Habitat” e DPR 357 dispongono che il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare relazioni alla Commissione europea, ogni due anni, sulle deroghe concesse. A tal fine il MATTM ed ISPRA richiedono ai beneficiari delle deroghe una rendicontazione annuale.
Situazione sui Pirenei
Fino ad ora abbiamo parlato della situazione degli orsi bruni europei in Italia, ma non di quella sui Pirenei. Qui la situazione si può dire che sia molto più drastica: tutt'oggi vi sono solo 39 orsi su tutti i Pirenei ancora molto a rischio. Come in Italia la diminuzione della popolazione di tali animali avvenne con l'introduzione di armi da fuoco circa 200/300 anni fa e il conseguente aumento della caccia agli orsi che si interruppe solo dopo la fine della seconda guerra mondiale. Negli anni '90 la popolazione degli orsi venne attestata a solo 7 esemplari su tutti i Pirenei. Da qui, come in Italia, è iniziato un processo di salvaguardia degli orsi che, nel 1981, erano stati dichiarati specie protetta sul suolo francese. Tra il 1996 e 1997 sono stati importati dalla Slovenia, paese in cui vi è un sovrappopolamento di orsi, 2 femmine (Melba e Ziva) ed un maschio (Pyros) e, sempre dallo stesso luogo, nel 2006, sono stati importate 4 femmine (Franska, Palouma, Hvala e Sarousse) ed un maschio (Balou). Gli esemplari si sono poi riprodotti fino a diventare gli odierni 39. Tuttavia questi orsi sono andati ad intaccare le attività degli allevatori locali, attaccando il loro bestiame. Il primo novembre del 2004 l'ultimo orso dei Pirenei, Cannell, è stato ucciso da un cacciatore lasciando due cuccioli orfani ed il primo aprile 2006 il municipio di Arbas, paesino francese dell'alta Garonna, viene ricoperto di sangue in segno di protesta contro la decisione di introdurre degli orsi da parte del sindaco. Si è creato, dunque, un acceso dibattito tra i pastori ed allevatori e gli ambientalisti. Claude Vielle, un pastore, ci riferisce che l'orso è sempre stato un problema per l'uomo e che ora lo è maggiormente dato che non vi è più manodopera per gestire il gregge giorno e notte o per sbarazzarsene. D'altra parte il sindaco di Arbas, François Arcangeli, risponde sostenendo che l'orso sottrae solo dalle 200 alle 300 pecore all'anno di fronte alle 20/30 mila che muoiono solo in estate per altre cause tra cui mosche, fulmini, valanghe e malattie. Tutto ciò, secondo sempre Claude Vielle, è vero, ma afferma che è anche vero che queste cause sono inevitabili mentre l'orso invece lo è perché introdotto volontariamente dall'uomo.
Io sono personalmente in parte d'accordo con quest'ultima affermazione di Claude Vielle: le malattie, i fulmini e le frane sono un problema inevitabile. Tuttavia bisogna dire che, in realtà, è l'orso che si è insediato prima nei territori dove operano gli allevatori. Gli allevatori spesso non si rendono conto che gli unici invasori siamo noi che abbiamo progressivamente occupato i loro territori e preteso di averli e sfruttarli senza conseguenze. Molti dei terreni dove pascolano gli animali erano un tempo boschi dove gli orsi vivevano e cacciavano ed ora essi, dato il divieto di recargli danno ed ucciderli, si stanno riprendendo i loro territori, sempre più ridotti. È necessario che, come afferma François Arcangeli, ognuno si renda conto che appartiene ad un unico sistema di cui tutta la natura fa parte ed in cui tutti hanno un ruolo importante e necessario tra cui anche gli orsi. Da parte mia vorrei proporre una soluzione elaborata in base anche alle precedenti ricerche, ossia la creazione di enormi aree protette all'interno delle quali gli orsi possano vivere pacificamente e nelle quali non sarà permessa la presenza di attività umane. Tali zone sarebbero accessibili a pagamento dai turisti che potranno seguire con delle guide ed esperti percorsi prestabiliti. In questo modo si accontenterebbero gli allevatori, ai quali sarà dovuto un indennizzo in caso essi debbano spostarsi dai loro originali territori di pascolo, i cui animali non rischieranno di essere attaccati, gli orsi, che potranno vivere pacificamente senza rischi nel loro habitat, gli ambientalisti ed i turisti, che potranno osservare gli orsi senza problemi ed ammirare la bellezza della natura. Il costo di entrata dei turisti garantirà, infine, i fondi necessari per mantenere il parco ed i suoi funzionari. Quindi, per tornare alla domanda iniziale, ossia “Uomini ed orsi: difficile convivenza?”, la mia risposta è no!
FONTI:
https://www.wwf.it/orsobruno/chi_e/
https://www.pnab.it/?s=life+ursus
https://www.montagnadilombardia.com/orsoitalia.html
http://www.sapere.it/enciclopedia/Appennino+o+Appennini.html
http://www.gransassolagapark.it/pdf/PATOM11209.pdf
https://www.globalist.it/world/2018/03/09/francia-la-sopravvivenza-dell-orso-dei-pirenei-passa-per-le-aule-di-giustizia-2020755.html
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